sabato 20 giugno 2009

UN APERITIVO CON...PIERLUIGI CASIRAGHI (CT UNDER 21)

>>Marco Gaviglia

Indimenticato bomber della Roma biancoceleste, Pierluigi Casiraghi sta per vivere l’avventura dell’Europeo in Svezia alla guida di una selezione di grande qualità. Motta, Cigarini, Giovinco, Balotelli. Solo qualche nome per rendere l’idea. L’obiettivo è uno: vincere l’Europeo. L’ultimo successo degli azzurrini risale al 2004, in panchina sedeva Claudio Gentile.
Il feeling tra il tecnico brianzolo ed il settore giovanile ha radici lontane. Dopo il terribile infortunio subito nel 2001 quando militava con i blues del Chelsea (uno scontro di gioco con il portiere del West Ham Hislop che gli procurò la frattura del ginocchio in più punti), il ritorno nella sua Monza gli ha spalancato l’esperienza di tecnico. Con i biancorossi si dedica al settore giovanile per due stagioni, prima di trovare la prima panchina professionistica a Legnano. Esperienza che si conclude senza grandi emozioni nel marzo del 2004. Poi, grazie alla fiducia di Albertini e Guido Rossi (allora Commissari Straordinari della FIGC), l’allora trentasettenne Casiraghi diventa il nuovo CT dell’Under 21.
MONZA, LAVORARE CON I GIOVANI – Ormai costretto ad essere un ex giocatore, Casiraghi si getta a capofitto nel settore giovanile del Monza. “La grande differenza nel lavorare in un settore giovanile rispetto ad allenare l’Under 21 risiede nell’importanza del risultato, che chiaramente qui conta molto, a volte in maniera esclusiva per via delle partite che giochiamo. Ci sono però dei punti di contatto, come la fascia delicata di età, perché in fin dei conti il tipo di concezione calcistica è la stessa almeno da parte mia: cercare di costruire un giocatore propositivo in grado di giocare a calcio e non di interrompere solamente il gioco dell’avversario. Sotto il profilo della crescita dei ragazzi è il divertimento l’aspetto più importante visto che spesso e volentieri nei settori giovanili sembrano più dei robot che dei giocatori”.
VIVA L’ISTINTO – Diversi convocati di questa Under 21 hanno vissuto una stagione importante nei propri club e anche a livello mediatico. “E’ chiaro che se facciamo l’esempio di Balotelli e del suo opposto, Paloschi o De Ceglie, non vuol dire che uno sia più bravo o meno bravo, Balotelli ha solo più appeal a livello mediatico. Non è una questione di giusto o sbagliato, ognuno deve essere così com’è sempre nel limite della buona educazione e del rispetto degli altri. Avere un carattere forte non è un problema, anzi, ben venga”.
EFFETTO GUARDIOLA – Il grande scalpore e quel pizzico di invidia che qui in Italia ha rappresentato la vittoria del Barcellona del 38enne Guardiola, ha portato come conseguenza affidare panchine importanti della Serie A anche a giovani tecnici con poca esperienza. Sarà così, ad esempio, per la Juventus di Ciro Ferrara e per il Milan di Leonardo. Non si meraviglia Casiraghi. “Adesso di tecnici giovani senza esperienza ce ne sono parecchi. Io li ho anticipati tutti (sorride), mi sono portato avanti di tre anni e ora sono diventato vecchio io”. Su quali caratteristiche debba possedere un tecnico emergente, Casiraghi non ha dubbi e cita il maestro Arrigo Sacchi. “Sacchi diceva sempre che per vincere ci vogliono tre componenti: carisma, capacità ma anche tanta fortuna…”.
L’AVVENTURA SVEDESE – Mentre scriviamo si sta disputando la fase finale dell’Europeo Under 21, che vede le migliori otto selezioni affrontarsi in Svezia. Dei 23 convocati da Casiraghi, ben 14 hanno già vissuto l’esperienza delle Olimpiadi di Pechino, avventura non molto fortunata ma che ha permesso a Giovinco e compagni di accumulare ulteriore esperienza internazionale. “La cosa bella di questa Under è che sta insieme da tre anni, partendo dall’Under 20. L’ho costruita pezzettino dopo pezzettino facendo delle scelte a livello qualitativo, privilegiando il talento al fisico. Nell’immediato forse non ha dato grandi risultati, nel prosieguo si. Pensate a Giuseppe Rossi tre anni fa e guardatelo ora. Questa è la mia filosofia, che possa piacere o no è un altro discorso. Faccio quello in cui credo e quello per cui mi diverto, non mi piacerebbe fare un qualcosa che non mi gratifichi, per me il calcio è questo”.
Ecco allora i punti cardine della preparazione degli azzurrini. “Siamo una squadra che sul piano del possesso palla e della qualità tecnica individuale è di altissimo livello, perciò gli allenamenti sono improntati sulla crescita di queste caratteristiche. E’ ovvio che lavoriamo anche sulla fase difensiva che dobbiamo curare particolarmente visto la nostra forte vocazione offensiva”. Alle Olimpiadi, forse, il rammarico più grande è quello di aver sbagliato qualche approccio alle gare. “A livello mentale le Olimpiadi erano situazioni completamente differenti, era una competizione a sé, un momento della stagione diverso, ora c’è il problema di gestire fisicamente i giocatori che sono a fine stagione ed è un aspetto da non sottovalutare per tutte le nazionali”. Calcio offensivo e spettacolare, questo il credo di Casiraghi che scommette sulla duttilità dei suoi ragazzi. “Questa squadra ha consolidato un certo tipo di gioco e si trova bene a giocare con il centrocampo a tre e con tre punte o due e mezza. Si giocherà ogni tre giorni e gli incontri saranno molto tirati ed equilibrati, se sarà necessario cambiare modulo nel corso delle partita sono sicuro che non sarà un problema perché lo fanno normalmente anche nelle loro squadre”.
NON E’ UN PAESE PER VECCHI – Più che un omaggio al film dei fratelli Coen tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, è una sorta di auspicio, sperando che le migliori squadre italiane puntino forte sui giovani italiani. Aprire le porte a tecnici giovani potrebbe servire a valorizzare le risorse finora rimaste potenziali sulle quali non si è creduto mai fino in fondo. “Anche se è brutto da dire, il nostro campionato non è stato competitivo a livello europeo. E’ evidente che negli ultimi due anni in Italia si stia facendo fatica, all’estero hanno ritmi più alti e secondo me questa ventata di gioventù servirà a tenere il passo con gli altri campionati”.

Spazio ai giovani dunque, il ricambio generazionale in panchina come nel rettangolo di gioco è una necessità che non può più essere ignorata. Federico Macheda, calciatore diciassettenne del Manchester United, con 5 presenze in Premier League e 2 reti all’attivo ci ha confidato: “Se fossi rimasto in Italia ora starei ancora facendo le finali con la Primavera. Il calcio è migliore all'estero, soprattutto in Inghilterra, perché ti guardano con un altro occhio”. Parole sante, ma prossime (speriamo) ad essere smentite da una rivoluzione culturale.